Finita la crisi finanziaria ora il pericolo è la regolazione moralistica

 

Di Carlo Pelanda (25-3-2008)

 

 

Il mercato globale ha ricevuto due messaggi: (a) la crisi finanziaria, intesa come rischio di insolvenza di grandi istituti, è finita perché la Fed, ed il sistema delle Banche centrali, ha dimostrato di voler e poter salvarli a qualsiasi costo; (b) il dollaro non verrà lasciato cadere oltre una data soglia e quindi l’inflazione, ed il prezzo del petrolio, non potranno schizzare troppo in alto. Il mercato ha ripreso ottimismo perché ha visto che ci sono ancora un salvatore di ultima istanza ed una moneta di riferimento. Significa che, qualunque sia l’entità residua della crisi, il sistema terrà. Ma, passata questa ondata, all’orizzonte se ne vede un’altra: lo tsunami moralistico.       

Una crisi piuttosto banale di un trilione di dollari di buco temporaneo - che alla fine non sarà più di 200 miliardi reali, un’inezia nel sistema complessivo -   è stata amplificata oltre misura perché il salvatore di ultima istanza è stato per mesi, dal febbraio 2007, nel dubbio se salvare o moralizzare, tentando da luglio a novembre di moralizzare mentre salvava, solo recentemente decidendo (Bernanke e Trichet) la linea giusta: prima si salva e poi si moralizza. In altre parole, la crisi di fiducia finanziaria è stata creata da un ritardo di intervento da parte delle Banche centrali nel rassicurare il mercato che qualsiasi buco sarebbe stato coperto. Ora lo hanno fatto. Ma resta l’annuncio della moralizzazione da intendersi come requisito di ridurre gli azzardi. Un po’ di regolazione sarà necessaria per dissuadere gli eccessi del passato, per esempio limiti alle leve. Ed il mercato la sta già scontando come cambiamento del modello di business bancario che ne ridurrà i profitti ed i valori azionari e per un certo tempo la liquidità erogata. Niente di tragico. Ma se sarà troppa indurrà una depressione finanziaria globale facendo mancare il capitale alle iniziative dove la presa di rischio è notevole. Il rischio, infatti, non è calcolabile veramente, ma solo convenzionalmente. Pertanto se la regola ne richiederà la precisazione “quadrata”, per la sua trasferibilità, allora i prestatori non potranno fare altro che ridurne il grado fino a quasi zero, mandando in deflazione il sistema. Se il capitale viene imbrigliato perde produttività. Per dargliela bisogna lasciarlo libero accettando l’azzardo, bolle e sbolle. Pertanto la giusta regolazione è dinamica, crisi e riparazioni continue, e non statica: abolizione del rischio per evitare la crisi. Questa rubrica non pensa che i regolatori faranno tale errore. Ma i loro tentennamenti l’anno scorso e l’alluvione dei moralisti sui media consigliano di vigilare.          

Carlo Pelanda